

Avevo programmato solo di sgranchirmi un po’ le gambe dopo cena. Sai, una di quelle passeggiate serali in cui l’aria inizia appena a rinfrescarsi e tutto sembra lento, ma in senso positivo. Ero a metà del mercato notturno, passando davanti a bancarelle con cibo di strada sfrigolante e souvenir economici, quando ho sentito della musica.
Dolce, un po’ ruvida, ma vera. Una chitarra e una voce a cui non importava se il mondo si fermava ad ascoltare. Così l’ho seguita.
Ed è stato allora che li ho visti.
Un uomo con i capelli lunghi fino alle spalle seduto su una sedia di plastica, che strimpellava come se fosse naturale. Davanti a lui, due gattini minuscoli sedevano uno accanto all’altro, completamente immobili, come se fossero i suoi fan più fedeli. Niente guinzaglio, niente scatola: solo seduti lì, con le orecchie dritte e gli occhi fissi su di lui, come se fosse Springsteen e quello fosse il Madison Square Garden.
All’inizio nessuno sembrava accorgersene. La gente si affaccendava, concentrata sulle bancarelle di cibo, sulle insegne al neon e sul caos generale del mercato, ma io non riuscivo a staccare gli occhi dalla scena davanti a me. C’era qualcosa di magnetico in essa. Il volto dell’uomo era rilassato, le sue mani si muovevano con una sorta di ritmo silenzioso, mentre i gattini lo osservavano con un’espressione di pura soddisfazione.
Mi avvicinai, non volendo disturbarli, ma incapace di resistere. La voce dell’uomo irruppe nel brusio del mercato, bassa e rilassante, il suo canto si fondeva con il dolce fruscio della brezza serale.
La sua voce aveva un tono vissuto, come quello di chi ha vissuto più del dovuto e in qualche modo ne è uscito con una dolcezza nell’anima. Era calmante, quasi terapeutica. I gattini non si mossero, nemmeno quando una piccola folla iniziò a radunarsi attorno all’esibizione. I loro corpicini rimasero immobili, gli occhi fissi su di lui, la musica li avvolgeva come se ne facessero parte.
Non sapevo per quanto tempo rimasi lì, a guardare, ipnotizzato dalla strana ma bellissima scena che si svolgeva davanti a me. E poi, come se mi avesse notato per la prima volta, l’uomo smise di giocare. Il gattino più vicino a lui si stiracchiò pigramente, rompendo l’incantesimo, ma lui mi sorrise, come se si aspettasse che qualcuno prima o poi lo notasse.
“Ti piace?” chiese con voce roca, come se non avesse parlato molto quel giorno.
Annuii, non sapendo bene cosa dire. “Sì, è… bellissimo.”
Ridacchiò dolcemente, guardando i gattini, che ora stavano curiosamente pizzicando le corde della sua chitarra con le loro piccole zampe. “Piace anche a loro. Sono i miei più grandi fan.”
Risi, avvertendo la strana connessione di quel semplice momento. “Lo sento.”
L’uomo mi rivolse un sorriso storto, posò la chitarra e accarezzò uno dei gattini dietro le orecchie. “Sono David”, disse, porgendomi la mano.
“Ella”, risposi, stringendola. C’era un’intensità silenziosa nel suo sguardo, come se stesse guardando oltre me, vedendo qualcosa di più profondo. Non era imbarazzato, solo… genuino.
“Scusate se disturbo qualcuno”, disse, guardando la folla che si stava facendo sempre più numerosa. “Sto solo… cercando di guadagnarmi da vivere, capisci? Suonando musica per chiunque voglia ascoltare.”
C’era qualcosa nel modo in cui lo diceva che mi fece fermare a riflettere. Non si stava scusando per la musica in sé, ma piuttosto per la sua situazione. Mi chiesi cosa lo avesse portato lì, in quell’angolo di un mercato affollato, a suonare per gattini e qualche sconosciuto di passaggio.
“No, non è affatto inquietante”, lo rassicurai. “È un po’… tranquillo, in realtà.”
Lui sorrise, con gli occhi che gli si increspavano agli angoli. “Sono contento che tu la pensi così.”
Cadde in un silenzio amichevole mentre guardavo i gattini strofinarsi contro le sue gambe, facendo le fusa dolcemente. Quel momento mi sembrò raro, come qualcosa di così semplice, eppure così significativo. Solo dopo qualche minuto mi resi conto che non volevo più andarmene. Ero così concentrato su quell’incontro casuale che avevo dimenticato perché fossi lì fuori.
“Probabilmente dovrei lasciarti tornare alla tua musica”, dissi, spostandomi goffamente. “Ma, ehm… lo fai spesso? Suoni solo per la gente del mercato?”
David sembrò pensieroso per un secondo, poi scrollò le spalle. “Non proprio. Per lo più sto solo… cercando di trovare la mia strada, capisci? Cercando di cavarmela.”
Non volevo essere invadente, ma qualcosa nelle sue parole mi è rimasto impresso. C’era in lui un’onestà, una vulnerabilità, che sembravano armonizzarsi con la crudezza della musica che suonava.
“Allora, come fai a guadagnarti da vivere facendo questo?” ho chiesto, cercando di essere informale.
L’espressione di David cambiò per un attimo, qualcosa di indecifrabile gli balenò negli occhi. “Me la cavo. A volte la gente dà la mancia, ma per lo più gioco per i gatti.”
Non ho potuto fare a meno di ridere. “Non sei solo un musicista, sei anche un sussurratore di gatti.”
Lui rise insieme a me, una risata vera e sincera che rese il momento ancora più reale.
“Direi di sì”, disse con un ampio sorriso. “Sono i miei piccoli compagni. Sono con me da un po’ ormai.”
All’improvviso mi resi conto che c’era molto di più nella sua storia di quanto non stessi vedendo. La sua modestia, la sua apertura, il suo portamento… tutto suggeriva l’idea di qualcuno che aveva attraversato momenti difficili.
“Allora, come sei finito qui?” chiesi gentilmente. “In questo mercato, a giocare per sconosciuti e gattini?”
David esitò un attimo prima di rispondere, come se stesse decidendo quanto condividere. “Avevo molto di più. Una famiglia. Una casa. Le cose sono andate… bene per un po’. Ma poi è andato tutto a rotoli. Ho perso il lavoro. Ho perso la casa. Qualche decisione sbagliata, qualche sfortuna, ed eccomi qui.”
Potevo vedere il dolore nei suoi occhi, anche se cercava di scacciarlo con una risata. Il suo sorriso svanì e, per un attimo, il musicista spensierato svanì, sostituito da qualcuno che portava con sé un peso che non si addiceva a un mercato affollato.
“Non volevo esagerare con te”, disse dopo un attimo, come se fosse imbarazzato dalla sua onestà.
“No, ho capito”, dissi a bassa voce. “A volte fa bene parlare.”
David annuì, e il suo sguardo tornò a posarsi sui gattini. “Sono gli unici che ascoltano davvero, sai?”
Capivo che non cercava compassione, ma in quel momento ho provato un’ondata di empatia per lui. Eccolo lì, un uomo che aveva perso così tanto, eppure aveva trovato conforto nella musica e in due piccole creature che sembravano vederlo per quello che era veramente.
Mentre mi alzavo per andarmene, feci una cosa che non avevo previsto. Infilai la mano nella borsa, tirai fuori qualche banconota e gliela porsi. “Per la musica. E per i gattini”, dissi con un sorriso.
David spalancò gli occhi per un attimo prima di scuotere la testa. “Non ce la faccio più.”
“Per favore”, insistetti. “Hai talento e il mondo dovrebbe ascoltare la tua musica. Non smettere di suonare.”
Esitò un attimo, ma poi, con un cenno silenzioso, prese i soldi. “Grazie”, disse con voce dolce.
Sorrisi e me ne andai, ma mentre lasciavo il mercato, non riuscivo a scrollarmi di dosso la sensazione che qualcosa fosse cambiato. C’era molto di più nella storia di David di quanto avrei mai potuto immaginare, ma in quel breve incontro, compresi qualcosa di importante.
A volte, le connessioni più inaspettate sono quelle che contano di più. Non si sa mai cosa stia attraversando qualcuno, e un semplice atto di gentilezza – poche parole, un piccolo gesto – può fare la differenza. Per David, la musica e i gattini erano una forma di terapia. Per me, quell’incontro mi aveva ricordato che la vita non è solo successo o fallimento, ma momenti di vera connessione che condividiamo con gli altri.
Mentre tornavo in hotel, non ho potuto fare a meno di pensare a David. E pochi giorni dopo, ho ricevuto un messaggio inaspettato da un promotore musicale locale che avevo incontrato durante il mio viaggio. Era stato al mercato quando c’ero anch’io, mi aveva visto parlare con David e l’aveva sentito suonare. Voleva dargli un’opportunità: un vero concerto in un locale locale.
Era come se il karma fosse tornato da lui. La musica di David stava per essere ascoltata da molte più persone, oltre a me e ai gattini.
A volte, abbiamo tutti bisogno di una piccola spinta per rimetterci in piedi. E a volte, l’universo ha un modo tutto suo di far funzionare le cose quando meno ce lo aspettiamo.
Quindi, un brindisi a quei piccoli momenti, a quei semplici gesti di gentilezza, e a non sottovalutare mai il potere di una bella canzone, due gattini e una chitarra.
Se questa storia ti ha toccato, condividila. Non si sa mai chi potrebbe aver bisogno di un piccolo promemoria: anche nei momenti difficili, qualcosa di bello è dietro l’angolo.
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